L’Istituto dell’Amministrazione di Sostegno è stato introdotto con la legge n. 6 del 9 gennaio 2004. L’Amministratore di sostegno è la persona che affianca quei soggetti che hanno una capacità di agire compromessa o solo parzialmente limitata.
La legge intende tutelare tutte quelle persone (anziani, ludopatici, tossicodipendenti, grandi invalidi a seguito di malattia o incidente stradale) limitando nel minor modo possibile la loro capacità di agire. I soggetti che sono privi -in tutto o in parte- di autonomia nel portare avanti le funzioni della vita quotidiana, con la procedura di Amministrazione di Sostegno, hanno un supporto concreto – temporaneo o permanente- nell’affrontare le difficoltà più diverse.
Si pensi al soggetto fragile che deve affittare, vendere o comprare un appartamento oppure investire somme di denaro.
Il beneficiario stesso, i suoi familiari, gli affini, il Pubblico Ministero, i responsabili dei servizi sociali, possono presentare il ricorso al Giudice Tutelare nel Tribunale ove risiede il beneficiario, competente territorialmente.
I poteri dell’Amministratore di Sostegno vengono individuati dal Decreto di Nomina che è emanato dal Giudice Tutelare e lì vengono indicati gli atti specifici che l’amministratore può compiere in nome e per conto del beneficiario e gli atti che possono essere compiuti, invece, in assistenza. Più è grave la situazione fisica e/o psichica del beneficiario, più ampi saranno i poteri assegnati all’Amministratore di Sostegno (ADS).
Il Giudice, con la sua decisione, deve proteggere la persona, i suoi bisogni e rispettare le sue richieste nei limiti della tutela della persona stessa.
Con l’apertura della procedura di Amministrazione di Sostegno, il beneficiario conserva in ogni caso una sfera di capacità, negli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana (art. 409 c.c.) e negli atti per i quali la sua capacità non ha subito limitazioni.
Nell’anno appena concluso, il 2024, la Corte di Cassazione ha emesso due importanti pronunce in materia di amministrazione di sostegno: l’ordinanza n. 8088 del 26 marzo 2024 e la sentenza n. 14689 del 27 maggio 2024.
Questi due provvedimenti hanno evidenziato la necessità di un equilibrio tra la protezione degli individui fragili e il rispetto della loro autonomia personale.
La prima riguarda il ricorso per Cassazione proposto da una persona che si opponeva alla nomina di un amministratore di sostegno proposta dai suoi familiari. La persona interessata sosteneva di essere in grado di gestire autonomamente le proprie questioni personali e patrimoniali. La Corte d’Appello aveva accolto la difesa della beneficiaria e aveva rifiutato la richiesta di un amministratore di sostegno senza una valutazione adeguata delle capacità della persona coinvolta.
Nella seconda, la beneficiaria aveva impugnato la nomina di un amministratore di sostegno decisa dalla Corte d’Appello di Firenze. La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su presupposti ritenuti insufficienti dalla Corte di Cassazione, evidenziando una carenza probatoria, a nulla valendo il rifiuto della donna di sottoporsi a una visita medica, considerato come un indicatore della sua incapacità di gestire i propri interessi.
La Corte di Cassazione ha criticato le decisioni delle Corti d’Appello per non aver adeguatamente motivato le loro decisioni basate su presupposti indiziari e non su accertamenti clinici chiari ed univoci.
Entrambe le pronunce affermano il principio che la misura dell’amministrazione di sostegno deve essere proporzionata e rispettosa dell’autonomia personale dell’individuo. La Corte ha sottolineato che la nomina di un amministratore di sostegno deve essere basata su una valutazione accurata delle capacità dell’individuo e non su semplici supposizioni o comportamenti non collaborativi.
L’Ordinanza n. 14689 depositata il 27 maggio 2024, ha stabilito che la condotta non collaborativa della persona per la quale si richiede l’amministrazione di sostegno (che nel caso specifico aveva rifiutato la visita medica con il CTU nominato dal Tribunale) non può, di per sé, costituire un indizio della presenza di una menomazione della salute, fisica o psichica. La stessa Corte, richiamandosi alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ha inoltre stabilito che i poteri gestori dell’amministratore di sostegno debbano essere direttamente proporzionati alla reale presenza di una menomazione, nonché all’incidenza di questa sulla capacità della persona di provvedere ai propri interessi.
L’Ordinanza della Corte di Cassazione ha precisato che «condotte di vita apparentemente anomale» non costituiscono necessariamente un elemento valido per ricorrere all’amministrazione di sostegno; che la «volontà contraria (n.d.r. “della beneficiaria della misura”), ove provenga da persona lucida, non può non essere tenuta in considerazione dal Giudice»; e che «la condotta non collaborativa della ricorrente», e il suo rifiuto di sottoporsi alle visite mediche prescritte, non sono indizi inequivocabili «di una condizione di salute tale da rendere necessaria la nomina contestata».
Mancando, quindi, una probante allegazione documentale da parte dei soggetti che avevano attivato il procedimento di Amministrazione di Sostegno, la Corte Suprema ha ritenuto che la decisione impugnata (emessa dalla Corte di Appello) si sia fondata su una serie di elementi di natura indiziaria circa lo stato di salute della ricorrente.
Partendo da tali argomentazioni la Corte di cassazione ha, quindi, individuato i seguenti princìpi di diritto: “Ai fini della nomina dell’amministratore di sostegno, la condotta non collaborativa del soggetto beneficiario della misura non può, di per sé, costituire un indizio significativo della menomazione della salute, fisica o psichica, in mancanza di accertamenti clinici certi ed univoci. L’àmbito dei poteri da conferire all’amministratore di sostegno deve rispondere alle specifiche finalità di tutela del soggetto amministrato e non può prescindere da risultanze espressive di un chiaro e significativo stato di menomazione o difficoltà della persona che s’ipotizza bisognevole di tutela”.
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